Scuola

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A cura di Domingo Paola - Professore di Matematica e Fisica presso il Liceo "G. Bruno" di Albenga, Membro del CIIM

 

Almeno per un aspetto la professione dell’insegnante è un po’ come quella del tecnico della nazionale di calcio: tutti pensano che sia non solo possibile, ma anche doveroso suggerirgli la formazione. Fuor di metafora, tutti siamo convinti, forse per il semplice fatto di essere stati a scuola, forse per l’inerzia al cambiamento che caratterizza la struttura e l’organizzazione scolastica, di sapere che cosa voglia dire insegnare. Invece il mestiere dell’insegnante è profondamente cambiato rispetto a pochissimi decenni fa. Nel suo libro L’ora di lezione, Massimo Recalcati scrive: “Abbiamo conosciuto un tempo dove bastava che un insegnante entrasse in classe per far calare il silenzio […] La parola dell’insegnante […] appariva come dotata di peso simbolico e di autorità a prescindere dai contenuti che sapeva trasmettere. Era la potenza della tradizione che la garantiva […] Ebbene questo tempo è finito, defunto, irreversibilmente alle nostre spalle. Non bisogna rimpiangerlo […] Quando un insegnante entra in aula […] deve ogni volta guadagnare il silenzio che onora la sua parola […] facendo solo appello alla forza dei suoi atti”.

 

Quale matematica insegnare

 

La matematica come disciplina ha sempre coinvolto due aspetti: uno rivolto alla modellizzazione per leggere e interpretare la realtà e per risolvere problemi applicativi; l’altro rivolto a uno sviluppo interno, che porta a riflettere sui prodotti culturali dell’attività matematica per organizzarli e sistemarli in teorie.

Le indicazioni curricolari di ogni livello scolare invitano a tenere sempre in considerazione, nell’insegnamento della matematica, questo duplice aspetto e, in particolare, nelle Indicazioni per i Licei si legge: “ lo studente conoscerà i concetti e i metodi elementari della matematica, sia interni alla disciplina in sé considerata, sia rilevanti per la descrizione e la previsione di semplici fenomeni, in particolare del mondo fisico”. Così, per esempio, il problema musicale di definire un sistema temperato equabile suddividendo ogni ottava in dodici intervalli è bene che sia accompagnato dalla dimostrazione che la radice quadrata di 2 è un numero irrazionale. Oppure, a livello più elementare, il problema applicativo di costruire un modello in scala di un certo oggetto va accompagnato con una riflessione sul concetto di rapporto e su quello di rapporti equivalenti, premessa necessaria all’acquisizione del concetto di numero razionale.

 

Il ruolo e la funzione dell’insegnamento oggi

 

Insegnare oggi e in particolare insegnare matematica vuol dire dover prestare attenzione a due ordini di esigenze: da una parte garantire a tutti gli studenti di conseguire le cosiddette competenze di cittadinanza, cioè quelle conoscenze e abilità necessarie a partecipare in modo informato, consapevole e critico alla vita pubblica e alle scelte sempre più delicate che essa impone. Dall’altra parte, permettere agli studenti che vorranno proseguire gli studi in campo scientifico di conseguire una preparazione matematica solida e approfondita. Si tratta di un compito per nulla semplice, perché la prima esigenza, soprattutto durante la scuola dell’obbligo che si completa al termine del secondo anno di scuola secondaria di secondo grado, richiede che non venga praticata alcuna selezione. Non quella esplicita, che espelle dal sistema di istruzione e formazione, né quella tacita, nascosta, che manda avanti anche in assenza del conseguimento di conoscenze e competenze fondamentali per proseguire nel regolare percorso scolastico.

Come operare per eliminare la selezione e mettere in grado tutti gli studenti di conseguire le competenze di cittadinanza, senza rinunciare a fornire a chi lo desideri una preparazione solida e approfondita per proseguire gli studi in campo scientifico, è il problema principale e specifico dell’insegnamento e di quello della matematica in particolare.

Ciascun insegnante deve affrontarlo utilizzando gli strumenti culturali di cui dispone, tenendo conto del contesto in cui lavora. In ogni caso è necessario adoperarsi affinché gli studenti costruiscano significati degli oggetti di studio e non si limitino a un’acquisizione mnemonica. Ciò vuol dire prestare maggiore attenzione agli aspetti semantici, riequilibrando l’eccessiva attenzione spesso data, nella prassi didattica, agli aspetti sintattici. Soprattutto vuol dire non solo non stancarsi di rispondere ai perché degli studenti, ma proporre continuamente richieste di giustificazione: perché non si può dividere per 0? Perché la cardinalità dei numeri naturali è uguale a quella dei numeri pari? Perché 0,(9)=1? Perché si è costruita una geometria in cui non esistono rette parallele? Perché ( – ) . ( – ) = +? Perché 1 + 1 = 2? Perché nel gioco del Lotto non aumenta la possibilità di vincere se si punta sui numeri ritardatari? …

 

Le altre sfide dell’insegnamento

 

Molte altre sono le sfide che rendono la professione insegnante difficile e al tempo stesso allettante. Per esempio, come consentire l’integrazione degli studenti stranieri? E, in particolare per l’insegnamento della matematica, come utilizzare eventuali diversi approcci culturali per aiutare gli studenti a comprendere meglio gli oggetti di studio?

Un’altra sfida che non è possibile non raccogliere è quella dell’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione: come modificano l’insegnamento-apprendimento della matematica? Quali modalità di utilizzazione possono favorire l’apprendimento della matematica? Come eventualmente possono modificare i significati stessi degli oggetti matematici?

E ancora, come far sì che le diverse abilità sempre più presenti in ogni livello scolare siano una ricchezza per tutti e favoriscano la crescita di persone capaci di collocarsi in un mondo globalizzato, multietnico, multiculturale, caratterizzato dalla diversità come dimensione esistenziale?

Soprattutto la sfida più affascinante è quella di catturare l’attenzione degli studenti suscitando in loro curiosità ed emozioni positive. La matematica è considerata dalla maggioranza delle persone come disciplina ostica, che suscita rifiuto ed emozioni negative, di ansia, timore, disagio. È vero, ci sono difficoltà intrinseche, ineliminabili nella matematica: per esempio gli ostacoli epistemologici, come quello di infinito o di limite; gli ostacoli cognitivi, come quello di numero razionale. Però c’è la possibilità di fare scelte didattiche che rendano affrontabili questi ostacoli e, soprattutto, è necessario utilizzare approcci che riducano fortemente le emozioni negative e le sostituiscano con quelle positive come la curiosità, il piacere della sfida intellettuale, la gratificazione dei successi, anche piccoli e parziali.

Insomma, c’è molto da fare per chi voglia intraprendere la strada dell’insegnamento.

 

Come si diventa insegnanti

 

Per diventare docenti di matematica è necessario compiere un lungo e impegnativo percorso di formazione che consisterà, a partire dal 2018, nei seguenti passi:

  • conseguimento del titolo di studio di accesso all’insegnamento, per esempio la laurea magistrale in matematica. Requisito fondamentale è però avere conseguito almeno 24 CFU nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecniche didattiche;

  • superare un concorso pubblico costituito da tre prove d’esame, due scritte e una orale;

  • frequentare un percorso di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione docente (FIT) che dura tre anni, comprendenti l’anno di formazione e prova, retribuiti, alla fine dei quali, qualora si venga giudicati idonei all’insegnamento, si diventa insegnanti di ruolo confermati nella scuola secondaria di I e II grado.

Prima dell’entrata in vigore di queste nuove regole è prevista una fase transitoria, attuata nel 2018, che prevede la valorizzazione delle esperienze e delle professionalità acquisite da chi è già abilitato e dai non abilitati con almeno tre anni di servizio.

 

Perché diventare insegnanti

 

La lunghezza del percorso previsto per accedere al ruolo può scoraggiare chi desideri svolgere la professione docente. Ci sono però almeno due motivi per cui vale la pena di impegnarsi in questo percorso.

Il primo riguarda le prospettive di impiego che, almeno per la matematica, sembrano rosee. Il 23 luglio 2017 sul quotidiano La Repubblica è comparso un articolo dal titolo Matematica senza prof, quattromila cattedre vuote, in cui si scrive che il problema è avvertito soprattutto nella scuola secondaria di primo grado dove i posti vacanti difficilmente saranno coperti con le immissioni in ruolo del concorso del 2016. In particolare, però, l’esigenza di laureati in matematica che desiderino svolgere la professione di insegnante si avvertirà nel medio-lungo termine, cioè fra cinque o sei anni quando molti degli attuali insegnanti, che hanno un’età media tra le più elevate d’Europa, andranno in pensione. L’elevato numero di pensionamenti che si produrrà per qualche anno dovrà trovare coperture che, con il numero attuale di laureati che scelgono il percorso dell’insegnamento, non sarebbero possibili.

Il secondo motivo riguarda le gratificazioni che la professione fornisce: un bravo insegnante ha la possibilità di partecipare a comunità nazionali e internazionali di ricerca, in particolare didattica, di contribuire alla scrittura e alla diffusione di manuali e materiali didattici, di mettere le proprie competenze a la propria professionalità al servizio della formazione e dell’aggiornamento delle colleghe e dei colleghi, di partecipare a progetti nazionali e internazionali rivolti all’insegnamento-apprendimento della matematica, di assumere, all’interno del proprio istituto, ruoli organizzativi o di coordinamento didattico.

Ci sono infine le gratificazioni forse più importanti e significative che riguardano il rapporto con gli studenti e quindi con le giovani generazioni: è un osservatorio privilegiato che consente di riflettere e ripensare continuamente non solo alle problematiche della propria disciplina, ma, più in generale, a quelle di carattere economico, sociale, esistenziale.

Infine, nel rapporto individuale con ciascuno studente, l’insegnante diventa consapevole dell’affascinante responsabilità di contribuire alla creazione di nuovi mondi; come scrive Recalcati nel suo libro L’ora di lezione, l’insegnante è colui “che sa fare del sapere un oggetto del desiderio in grado di mettere in moto la vita e di allargarne l’orizzonte”.