Enrico Edoli

Intervista di Ruggero Pagnan

 

Ruggero Pagnan: Quando hai capito di voler studiare matematica all'università?

Enrico Edoli: Quando frequentavo il liceo scientifico, a Padova, ero molto bravo in matematica e matematica era la materia che mi piaceva di più. Dopo la maturità ho deciso di iscrivermi al corso di laura in matematica a Padova: non volevo specializzarmi in qualcosa di particolare per non correre il rischio di fare un lavoro ripetitivo e riguardante qualche ambito ristretto di competenze e sapevo che il corso di laurea in Matematica mi avrebbe offerto una più ampia scelta di possibilità dopo la laurea.

RP: Come si è svolto il tuo percorso di laurea?

EE: Al primo anno mi aspettavo qualcosa di molto diverso rispetto a ciò che ho dovuto affrontare, e non è stato facile convincermi di voler proseguire. A un certo punto ho perfino pensato di mollare. Però io sono una persona ambiziosa e testarda, ho tenuto duro e ho deciso di continuare nella convinzione che avrei ottenuto dei risultati. La svolta si è verificata al terzo anno quando ho presentato un piano di studi con contenuti riguardanti la matematica applicata alla finanza, ivi inclusi corsi esterni al  corso di laurea in  matematica. Ricordo molto bene che quel piano di studi fu molto criticato, da chi allora doveva approvarlo, in quanto molto “lontano” dalla matematica pura. Mi venne detto che con un curriculum come quello avrei potuto lavorare al massimo in un call center. Ma io, testardo e convinto della mia scelta, fortunatamente sostenuta anche all’interno dell’università da chi invece si occupava della materia, ho deciso di proseguire per la mia strada. Non sono capace di interessarmi a problemi puramente matematici ossia, in un certo senso, a problemi che la matematica pone a sé stessa. D'altra parte, mi interessa molto poter usare la matematica per risolvere problemi che si trovano nel mondo reale. E quando io provo interesse per qualcosa, mi ci butto a capofitto per capirne a fondo tutti gli aspetti; così è stato per lo studio delle applicazioni della matematica alla finanza, arrivando infine a laurearmi con lode.

RP: Parlaci  del tuo ingresso nel mondo del lavoro 

EE: Dopo la laurea mi è stato proposto di restare in università frequentando un dottorato di ricerca, per approfondire le mie conoscenze riguardanti la matematica applicata alla finanza. Ma io, che per natura non riesco a lasciare qualcosa di intentato, ho voluto provare a cercare lavoro, anche per capire in concreto a quali posizioni lavorative avrei potuto ambire con le conoscenze che possedevo. Come è andata a finire? È finita che ho fatto entrambre le cose! Qualche tempo prima di laurearmi, per non perdere tempo, sostengo un colloquio  per un posto di analista quantitativo nel mercato dell'energia elettrica e gas in una società a Genova. Il colloquio va a buon fine e mi viene presentata una proposta di assunzione. A quel punto avrei dovuto, felice e contento, accettare la proposta, e invece no: mi metto a contrattare per tentare di ottenere qualcosa di più, non tanto e non solo negli aspetti remunerativi quanto piuttosto sul piano personale: io volevo anche frequentare il dottorato che mi veniva offerto a Padova, e lo faccio presente il giorno del colloquio. Inaspettatamente mi viene risposto che non c'è problema, a condizione di aprire una partita iva e lavorare come consulente. Accettare avrebbe comportato di dover lavorare il doppio, senza orari, senza giorni di permesso di ferie o di malattia retribuiti, di dover rinunciare alla borsa di studio vinta all'università e di dover pendolare tra Genova e Padova assai di frequente per frequentare i corsi (nonché tornare dalla mia famiglia e dalla mia fidanzata, che contemporaneamente aveva trovato lavoro a Padova). Accettai, e per tre anni lavorai durissimamente. Dedicavo le sere alla stesura della tesi di dottorato, che avevo chiesto riguardasse temi inerenti il mio lavoro, e le feste alla stesura di articoli scientifici, ma riuscii a tenere un piede in due staffe, imparando moltissimo sia all’università che al lavoro, conseguendo il titolo di dottore di ricerca per primo tra tutti i miei compagni di corso e specializzandomi al lavoro in un ambito molto di nicchia, quello del “quant” sui mercati dell’energia elettrica e gas, che sono molto diversi dai mercati finanziari visti all’università.

RP: E poi?

EE: Poi, trascorsi tre anni, mi sono accorto di non trovare più stimolante l'ambiente dove svolgevo il mio lavoro di consulente. Il clima era cambiato, non vi erano più cose nuove da imparare e, soprattutto, non vi erano prospettive di crescita professionale. Allora, decisi di sfruttare quella partita iva che avevo aperto e provare a mettermi sul mercato come libero professionista offrendo consulenza alle aziende del settore che avessero bisogno della mie competenze. Quasi contemporaneamente, anche Stefano, la persona con la quale sostenni il colloquio a Genova, si trovò in una condizione analoga: anche lui a lavorare come libero professionista, offrendo le sue competenze di economista. In modo naturale trovavamo che le nostre due figure professionali si completavano, e così, per un paio di anni, abbiamo collaborato, non proprio in società, ma proponendoci vicendevolmente a clienti comuni. Siamo andati avanti in questo modo fino al 2014, anno nel quale abbiamo deciso di metterci in società.

RP: Più precisamente, com'è andata?

EE: Nel 2014 avevamo sviluppato un ottimizzatore delle strategie di dispacciamento dell’energia elettrica sui mercati infragiornalieri in Italia. Si tratta di un mix di ottimizzazione di portafoglio con metodi monte carlo fusi in un’applicazione informatica che permette di sgravare moltissimo l’operatività manuale di invio e controllo delle offerte su quei mercati. Quella applicazione funzionava decisamente bene, dava un vantaggio sia economico che operativo e sembrava poter interessare una certa platea di potenziali clienti. Così, impiegando 3000 Euro in due, giusto il capitale per l'acquisto di un computer, io e Stefano abbiamo deciso di diventare soci fondando Phinergy. Avevamo già una certa clientela possibile, grazie alle conoscenze affermatesi durante la nostra precedente attività di consulenza, e da lì a poco le cose hanno cominciato a girare nel modo giusto: abbiamo potuto ospitare il nostro primo stagista, divenuto poi il nostro primo dipendente, poi altri successivamente, che sono rimasti con noi come dipendenti o in alcuni rari casi hanno transitato attraverso la nostra realtà. Cerchiamo di attrarre talenti competenti e capaci, disposti ad accettare un certo margine di incertezza nel genere di lavoro che proponiamo di svolgere, come fosse una sfida, a fronte dell'opportunità di poter crescere professionalmente divertendosi allo stesso tempo.

RP: Che tipo di figure professionali avete assunto?

EE: In questi ultimi quattro anni siamo cresciuti veramente tanto e al momento attuale siamo in sei a lavorare in Phinergy. Abbiamo assunto due matematici, un informatico ed un ingegnere matematico. La nostra forza è essere un ottimo gruppo di lavoro: ogni componente del gruppo ha competenze specifiche e complementari agli altri che gli permettono di fornire contributi importanti ed innovativi all'avanzamento di un progetto.

RP: Che servizi offre Phinergy?

EE: Preciso subito che Phinergy non è esattamente una software house: noi non produciamo “software” nel senso che non vendiamo programmi che si installano. Il nostro lavoro è applicare la matematica per risolvere i problemi dei nostri clienti. Il più delle volte questo significa circostanziare il problema insieme al nostro cliente, capire quali sono i precisi problemi che si vogliono risolvere, sviluppare un algoritmo che aiuti nella soluzione. Solo alla fine, nella maggior parte dei casi, rendiamo disponibile l’algoritmo attraverso una nostra piattaforma online. In questo ci differenziamo dalla maggior parte dei nostri concorrenti. Riassumendo quindi noi applichiamo la matematica per realizzare analisi di mercato, strumenti di supporto alle decisioni in condizioni di incertezza, misurazione del rischio di mercato, analisi delle strategie dei concorrenti dei nostri clienti, analisi di grandi moli di dati. 

Attraverso i nostri servizi supportiamo la nostra clientela in tutto il processo decisionale: dall’analisi descrittiva, cioè la raccolta, organizzazione ed estrazione di informazione da grandi moli di dati, all’analisi previsiva, cioè l’utilizzo delle informazioni estratte dai dati per creare possibili evoluzioni del fenomeno di interesse (prezzi di mercato, consumi elettrici…), fino ad arrivare alla fase prescrittiva, cioè l’utilizzo di algoritmi (per loro natura asettici) per il suggerimento delle azioni da prendere utili ad attuare i propri obiettivi rapportando rischi e benefici di ciascuna azione. Al momento possiamo offrire dodici prodotti del genere che ho appena descritto.

Lavoriamo sul mercato nazionale e tra i nostri clienti abbiamo anche enti statali. Stiamo lavorando alla creazione di un nuovo prodotto da proporre sul mercato internazionale, a partire dal prossimo anno. 

RP: Quali caratteristiche dovrebbe possedere un imprenditore di successo?

EE: Guarda, ho pronto un elenco, perché anche io possa tenerle ben presenti:

  • passione: il tuo lavoro deve piacerti moltissimo e devi esserne appassionato, tanto da non pesarti il fatto di dovertici dedicare anche nel tempo libero; cioè, deve essere sì il tuo dovere, ma soprattutto il tuo piacere;
  • ambizione e accettazione del rischio, insieme con una buona dose di orgoglio e un pizzico di superbia (ma giusto un pizzico, non di più);
  • motivazione e orientamento all'obiettivo, cioè una buona dose di determinazione;
  • autonomia, spirito propositivo e capacità di curare le relazioni pubbliche;
  • avanguardia e innovazione: si deve essere sempre sul pezzo, possibilmente anche un po’ più avanti, cioè in grado di proporre sempre qualcosa di nuovo.

RP: Quali problemi si affrontano nell'ambito dei mercati energetici?

EE: Ti devo dire che in pochi anni ho visto cambiare moltissimo il genere di problemi che si affrontano. Non molti anni fa ci si preoccupava molto dell'ottimizzazione di contratti complessi, misurazione del rischio, oggi invece è fondamentale saper gestire, analizzare ed organizzare in modo efficiente e fruttuoso enormi quantità di dati. È di fondamentale importanza conoscere gli strumenti matematici e saper utilizzare gli strumenti informatici che ti permettono di farlo. Come ti ho spiegato prima, si tratta di una delle nostre principali capacità, alla base della bontà dei servizi che offriamo, e per i quali siamo apprezzati.

RP: Quali strumenti matematici sono utili per affrontare i problemi che hai descritto?

EE: Fino a non molti anni fa era sufficiente possedere conoscenze in analisi stocastica e analisi numerica; oggi non lo è più, oltre a quelle è fondamentale avere solide basi in informatica, saper utilizzare software per l'analisi di dati, saper utilizzare una base di dati e possedere conoscenze di tecniche di analisi avanzata degli stessi come il machine learning. Ti confesso che ormai io non uso più quotidianamente molta matematica "cattiva", ma impiego tutti i giorni le soft skills e la forma mentis che posseggo grazie all'aver studiato matematica. Ho la fortuna di poter lavorare insieme a dei matematici anche più bravi di me nel loro specifico settore di interesse: capisco bene quello che fanno, ma magari non possiedo su alcuni temi le loro competenze dettagliate. Da ormai due anni mi occupo principalmente di coordinare il lavoro del mio gruppo, partecipando alla progettazione dell'architettura (dalle macrofunzionalità alle logiche algoritmiche) dei prodotti che offriamo. E’ proprio questa eterogeneità la nostra forza: ad ognuno il proprio ruolo, con una perfetta azione combinata e contemporanea di più competenze in una stessa attività.

RP: Cosa consigli ai matematici che vogliono entrare nel campo della finanza?

EE: Consiglio di andare oltre a ciò che hanno imparato all'università, di imparare a usare un computer, a programmare e a usare una base di dati, tanto per cominciare.

RP: Ci puoi raccontare come nasce l'idea di diventare un imprenditore?

EE: Se c'è una morale che si può estrarre dalla mia storia è forse la seguente: non solo si tratta di avere un'idea, si tratta di salire sul treno quando passa, e di solito passa una volta sola: ci deve essere un'opportunità da prendere e deve essere l’opportunità che piace. E poi c’è un po’ da lavorare duro all’inizio! 

RP: Cosa consiglieresti ai matematici che vogliono fare gli imprenditori?

EE: Anche per questo tema ho una lista di suggerimenti pronti:

  • interessarsi di tutto il resto al di fuori della matematica, soprattutto dei problemi altrui, di quali problemi concreti esistono e di come la matematica si può utilizzare per risolverli;
  • oltre a quanto ho appena detto, consiglio anche di non banalizzare mai il problema che ci viene presentato, anche nel caso in cui si riconosca al volo che si risolve con pochissimo sforzo. Insomma, mai e poi mai banalizzare l'esigenza altrui. Questa per un matematico di solito è la parte difficile!
  • aumentare le proprie capacità di coltivare relazioni pubbliche; come dico io ai ragazzi che lavorano con me: "giacca, cravatta e sorriso sulla faccia". Io stesso ho dovuto fare molta pratica, ma ora ne traggo buoni frutti.

RP: Come impieghi il tuo tempo libero?

EE: Mi occupo della mia famiglia; altre volte lavoro, perché il mio lavoro è la mia passione, magari approfondendo temi che mi interessano e che non ho avuto il tempo di approfondire in altri momenti, per capire se possono diventare un utile strumento da proporre. Sono appassionato di fotografia, pratico il nuoto e lo sci. Fare sport è importante anche per curare la propria forma fisica. Infine, ho la fortuna di essere rimasto un bambino curioso, così spesso impiego il mio tempo ad approfondire tutto ciò che in quel momento trovo interessante.