Formazione: la laurea, l’insegnamento, i dubbi, il master

 

Dopo il liceo scientifico è stato difficile capire quale fosse il percorso di laurea da intraprendere. Ingegneria, matematica e filosofia sono state solo alcune delle ipotesi che ho preso in considerazione. La scelta è ricaduta su matematica principalmente per una questione di passione e perché ero convinta che l’insegnamento fosse il mio destino naturale.

La decisione di studiare matematica si è rivelata azzeccata. Seppur molto teorici, i corsi da seguire si sono dimostrati un’ottima base per costruire capacità di ragionamento e di organizzazione. Tuttavia, se dal punto di vista accademico tutto procedeva per il meglio, l’aspetto professionale ha avuto un momentaneo arresto: la strada dell’insegnamento all’epoca era chiusa e il motivo principale che mi aveva spinto a studiare matematica veniva meno.

Un po’ confusa, ho provato a rimettermi in gioco frequentando il Master in Comunicazione della Scienza della Scuola Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Dopo l’esperienza universitaria, il master è stato un bombardamento di novità. Per la prima volta le lezioni hanno smesso di essere solo teoriche. Esperti provenienti dal “mondo del lavoro” hanno cercato di farci capire come una laurea scientifica possa essere sfruttata nei settori più diversi: editoria scolastica, giornalismo, progettazione europea. Oltre all’insegnamento e al lavoro in azienda, la laurea in matematica può aprire molte altre porte, spesso dimenticate.

L’idea di scegliere un percorso completamente nuovo era stuzzicante e la stesura della tesi di master è stata un buon modo per provarci.

Dopo due tesi in matematica, scrivere una tesi in comunicazione della scienza è stata una sfida. Oltre a essere un lavoro di ricerca si è trattato di costruire una narrazione rispettosa dei dati raccolti, ma che riuscisse, appunto, a esporre una tesi.

In questo lavoro mi sono occupata di “giornalismo scientifico”, inteso non come giornalismo che parla di scienza, ma come giornalismo che usa un metodo talmente rigoroso da potersi definire scientifico. Ho provato a mostrare, infatti, come l’era digitale abbia rivoluzionato il concetto di giornalismo scientifico, dandogli nuove possibilità di espressione e creando una nuova figura professionale: il data journalist, o giornalista dei dati.

Durante questo lavoro per me completamente nuovo, la fase più complessa è stata quella di inquadramento storico e di lettura delle fonti. Quello che non mi sarei mai aspettata, però, è stato rendermi conto di quanto l’esperienza universitaria potesse essere d’aiuto nell’affrontare anche temi così lontani da quanto studiato.

Costruire una ricerca, anche solo qualitativa, richiede molteplici capacità di analisi: delle informazioni di base, degli argomenti da approfondire e degli eventuali esperti da intervistare o da cui farsi aiutare.

Di grande aiuto in questo percorso è stato il saper strutturare il lavoro per gradi partendo dal macro fino ad arrivare al micro, per poi fare il percorso inverso. Qualcosa che chiunque abbia studiato matematica ha dovuto imparare quando si è scontrato per la prima volta lo studio di teoremi e dimostrazioni.

Parlare di cos’è il giornalismo che si basa sui dati coi diretti interessati è stata un’esperienza affascinante. Il data journalist deve essere capace di raccogliere dati, elaborarli e analizzarli in maniera scientifica: non solo prepara un articolo o un approfondimento ma rende anche disponibili i database su cui si basano le sue considerazioni. Praticamente si tratta di una peer review del giornalismo, simile a quella a cui vengono sottoposti gli articoli di rivista scientifica.

Creare un libro non significa solo dare vita a un oggetto di carta, ma progettare anche tutti gli apparati multimediali che contribuiscono a rendere completa l’opera. L’obiettivo è sempre quello di creare uno strumento che aiuti i ragazzi a capire la materia che stanno studiando, non solo attraverso gli esercizi, ma, per esempio, anche grazie a video e ad attività interattive. Infatti, compito degli autori e degli editori è quello di imparare a parlare il linguaggio degli studenti: una sfida stimolante e senza fine.

Il percorso per diventare redattrice è stato forse tortuoso, ma tutte le esperienze, da quelle di formazione a quelle lavorative, si sono rivelate fondamentali.

Dal giornalismo scientifico ai progetti europei per finire poi col lavoro di redazione, la scelta di studiare matematica si è rivelata una chiave per aprire porte che mai, nel momento di scegliere l’università, avrei pensato di poter attraversare con tanta facilità.

 

Esperienze lavorative: dai progetti europei all’editoria scolastica

 

Il master non mi ha solo dato una chiave di lettura in più su cosa si possa fare con la laurea in matematica. Mi ha anche fatto conoscere le due principali realtà in cui ho avuto l’occasione di lavorare.

Il primo impatto con il mondo del lavoro, infatti, è stato lontano dalle mie previsioni.

Per un anno e mezzo mi sono occupata di condividere con i non addetti ai lavori i risultati e le ricerche, la cosiddetta parte di outreach, di un progetto europeo. Nei progetti europei collaborano decine di enti diversi provenienti da tutti i paesi dell’Unione: occuparsi di outreach significa coordinare tutte queste realtà per mantenere aggiornati il sito internet, la newsletter e tenere traccia di tutti gli eventuali eventi locali connessi al progetto. Significa, inoltre, dare una misura di quanto il progetto faccia breccia sui non addetti ai lavori: alla Commissione Europea interessa sapere quanto i progetti che sovvenziona siano efficaci. Per questa ragione tutte le attività vengono monitorate e i dati raccolti analizzati per scoprire in quali paesi il progetto si sia rivelato più efficace e quanto ciascun ente partecipante si sia impegnato nell’obiettivo di promuoverlo. Un po’ di statistica, di analisi dati e molta capacità di organizzazione e di gestione sono gli ingredienti chiave per una buona riuscita di questo tipo di lavoro.

Dopo un anno e mezzo, però, la sensazione di essermi allontanata un po’ troppo dalla matematica si è fatta forte e, nonostante la soddisfazione di aver preso parte a questa esperienza, ho provato ad avvicinarmi di nuovo alla mia originaria passione. Anche qui entra in gioco il master, perché è grazie a esso che scopro nel 2014 che la casa editrice Zanichelli di Bologna è alla ricerca di nuovi redattori per materie scientifiche. La prospettiva di occuparmi non solo di matematica ma anche di libri è stata irresistibile.

Lavorare in una casa editrice significa vedere come da un’idea nasca un libro. Dare ordine e forma a un’intuizione dell’autore può essere complesso. I passaggi sono molti e, oltre agli autori, sono coinvolte decine di altre persone, per esempio redattori, revisori e impaginatori.

Bisogna sapere sempre quali sono le priorità da rispettare, ma anche avere l’elasticità mentale di cambiarle in continuazione.