La mia carriera, o vocazione, inizia quando avevo 10 anni, e un amico di famiglia mi regala un libro che si chiama "Giochi matematici russi". E' in quel momento che scatta il fascino per il linguaggio matematico: oscuro, difficile e inutile per chi non lo conosce, ma nitido, semplice e potente per chi invece lo sa decifrare. Ed è in quel momento che nasce una sfida: capire la matematica.

Dopo un quasi ripensamento (filosofia o matematica?) a 18 anni mi iscrivo al Corso di Laurea in Matematica dell'Università di Roma La Sapienza. Ogni esame è una montagna, difficile da scalare ma che mi porta sempre più su, più su, più su. Dopo 15 montagne mi trovo in un mondo incantato fatto di idee astratte, potenti e maneggevoli, le più belle che l'uomo abbia mai avuto. E durante la tesi di laurea conosco il mondo della ricerca. Cosa vuol dire fare ricerca in Matematica? Come si fa a scoprire/inventare qualcosa di nuovo?

L'anno successivo faccio domanda per entrare in una scuola di dottorato, con la forte sensazione di non essere all'altezza degli altri, ma - inaspettatamente - riesco ad entrare (per un solo punto su 120, conquistato negli ultimi cinque minuti della prova scritta con un'idea uscita da qualche recondita parte del cervello...). Durante il dottorato scopro che un bravo ricercatore deve avere tante qualità, che non ho, ma scopro anche che la mancanza di alcune di esse può essere compensata eccellendo nelle altre. Io, per esempio, mi reputo abbastanza lento nell'apprendere nuovi concetti e ho poca memoria, ma cerco di compensare con la tenacia nel raggiungere un risultato prefissato. Insomma, alla fine riesco a dottorarmi!

Nel 2007 passo un anno a Parigi, dove studio dei problemi di controllo e ottimizzazione per il lanciatore spaziale europeo ARIANE 5, e poi torno a Roma dove riesco ad avere alcune borse post-dottorato a La Sapienza e al CNR.

In quel periodo nasce anche una certa passione per la divulgazione matematica. Possibile - mi chiedo - che non si possa far arrivare al grande pubblico la grandezza della matematica? Possibile che nessuno sappia cosa fa un matematico? Possibile che la gente pensi che i matematici "studiano i numeri"? Da queste domande nasce il libro divulgativo "Chiamalo x!" che pubblico con Springer nel 2009, che spiega al grande pubblico il contenuto di alcuni corsi avanzati di Matematica.

Nel 2011 riesco a vincere uno dei pochissimi concorsi per ricercatore a tempo indeterminato al CNR e da allora faccio ricerca presso L'Istituto per le Applicazioni del Calcolo, dove mi occupo di modellistica differenziale numerica. In particolare studio i problemi legati alla previsione del traffico veicolare e pedonale (ad esempio all'interno dei musei), o, più in astratto, del controllo e ottimizzazione di sistemi auto-organizzanti. Di recente mi sono appassionato anche alla stampa 3D e all'ottimizzazione del software necessario alla creazione dei file di stampa.

La cosa più difficile del lavoro di ricercatore, secondo me, è la gestione del carico di lavoro. Per dirla in matematichese, la quantità di lavoro non è mai una funzione costante del tempo, ma è un esponenziale, crescente o decrescente: se si lavora bene arrivano nuove collaborazioni, proposte di progetti, inviti a convegni, studenti eccellenti, e il lavoro aumenta. E più aumenta più arrivano nuove opportunità e così via (fino all'esaurimento nervoso, non così raro come si potrebbe pensare). Se invece si lavora male le opportunità lentamente svaniscono, per ritrovarsi dopo pochi anni senza niente da fare.

La cosa più bella è invece la libertà di studiare ciò che si vuole, e cambiare interessi per non annoiarsi mai. Dopo tanti anni che faccio ricerca penso che la qualità migliore per un ricercatore sia semplicemente quella di pensare come un bambino di cinque anni: che vuol dire? Come funziona?

Proviamo?