James Silipo

Come molte altre storie, anche la mia comincia dalla mia infanzia. Sono stato un bambino normale, appassionato di geografia, ma non di matematica. Mio padre morì quando avevo nove anni ed essendo l’ultimo di sei figli, mia madre ed i miei fratelli maggiori si presero cura di me, consentendomi anche di andare all'università. A tredici anni scelsi di iscrivermi al liceo scientifico perché volevo ricevere un’istruzione sufficientemente versatile per poter proseguire gli studi in un qualsiasi corso di laurea. Fino alla quarta liceo scientifico non ho avuto particolare interesse per la matematica, anzi volevo fare l’ingegnere o l’architetto. Un giorno avvenne una cosa che mi fece definitivamente cambiare idea: il mio docente di matematica e fisica, chiese alla classe quale fosse la negazione di “a maggiore di b”. Io fui sorpreso nell'apprendere che era “a minore o uguale a b” capii subito che il rigore era la chiave di lettura giusta per studiare efficacemente la matematica e decisi di dedicare la mia vita allo studio di questa materia. In una prima fase pensai di poterla studiare tutta, credendo che fosse un’impresa possibile; poi dovetti ricredermi!

 

James Silipo

 

Nell'anno accademico 1994-95 mi iscrissi al corso di laurea in Matematica dell'Università della Calabria. L'ateneo calabrese fu per me un luogo meraviglioso. Ebbi la fortuna di avere dei docenti eccellenti e dei colleghi molto bravi, dai quali imparai moltissimo. Il numero esiguo di studenti iscritti a Matematica mi permise di avere un rapporto molto stretto con i docenti, sempre pronti a rispondere alle mie domande. Giunto alla fine del secondo anno, scelsi l'indirizzo generale, tradizionalmente rivolto a chi volesse continuare nella ricerca. Fatti salvi due o tre insegnamenti istituzionali, il numero di studenti a lezione scese drasticamente. Da studente ebbi la possibilità di partecipare da uditore a convegni internazionali organizzati da alcuni dei miei docenti e così conobbi ottimi matematici stranieri, per lo più francesi, russi e polacchi.

Verso la fine dei miei studi universitari un matematico francese che aveva rapporti scientifici con alcuni dei miei docenti si offrì di farmi da relatore per una tesi di laurea sulle varietà toriche. Per cominciare, egli mi chiese di studiare alcuni testi di Geometria Algebrica. All'epoca mi sentivo molto motivato e piuttosto fiducioso nelle mie capacità, in fondo avevo sostenuto tutti gli esami del mio piano di studi con un certo profitto. Tuttavia, quando mi scontrai con l'astrattezza del concetto di schema, capii che dovevo essere paziente. La pazienza è uno dei valori che mi ha insegnato la matematica. Oggi ho sviluppato una pazienza infinita, almeno di fronte a questioni di matematica. Dopo alterne vicende, il professore francese non poté seguirmi durante la preparazione della tesi di laurea ed al suo posto lo fece il prof. Jacques Guenot dal quale imparai davvero tanto. Subito dopo la laurea, alcune aziende del settore dei servizi mi offrirono stages di formazione finalizzati all’assunzione, però io ero sempre più deciso a continuare gli studi con l'obiettivo di fare carriera accademica. I miei docenti mi dissero che per farlo bene era opportuno andare a studiare anche all'estero. La cosa mi entusiasmò moltissimo: avrei dovuto viaggiare, conoscere culture diverse e apprendere lingue straniere. Decisi che da un punto di vista personale sarebbe stato meglio partire subito e fare un dottorato all'estero. Temevo che se lo avessi fatto in Italia, probabilmente nel frattempo mi sarei sposato, forse avrei avuto dei figli e sarebbe stato più difficile concentrarmi unicamente sulla ricerca.

Grazie ai contatti che alcuni miei docenti di Cosenza mi avevano fornito, mi fu data la possibilità di scegliere se studiare a Cracovia in Polonia, a Krasnoyarsk in Russia, a Lovanio in Belgio o a Bordeaux in Francia. Decisi per la Francia e, nel settembre del 2000, mi iscrissi all'Università Bordeaux 1, dove, cinque anni più tardi, conseguii il Doctorat de Mathématiques Pures. Per tre anni consecutivi beneficiai di una borsa di studio per l'estero erogata dall'Istituto Nazionale di Alta Matematica Francesco Severi di Roma, poi ottenni una borsa di studio dell'Ambasciata di Francia in Italia per altri dieci mesi; nell'ultima parte del mio periodo all'estero, quando ormai non avevo più un finanziamento, fui aiutato dalla mia famiglia. Quando partii per Bordeaux non avevo ancora compiuto venticinque anni, mi sentivo pieno di energia e di entusiasmo: a Catanzaro (mia città natale) avevo una famiglia bellissima, una ragazza di cui ero innamoratissimo e tanti buoni amici. Una volta in Francia cominciarono i sacrifici! Non capivo bene la lingua, la mia laurea non fu ritenuta sufficiente per cominciare il dottorato e fui costretto a conseguire il DEA (Diplôme d'Etudes Approfondies de Mathématiques Pures), un corso intermedio di durata annuale tra la laurea francese (dell'epoca) e il dottorato. Il DEA era l'equivalente di un odierno Master di secondo livello, il piano di studi prevedeva la frequenza di quattro corsi, con relativo esame finale, due ritenuti di base (al primo semestre) e due avanzati (al secondo) con una tesi finale. Al primo semestre seguii i corsi di Analyse de base (un corso di analisi complessa in più variabili) e di Géométrie Algébrique. In questa prima fase mi fu consentito di parlare in inglese: l'unica lingua che parlavo oltre all'Italiano. Dunque nel primo semestre feci le mie domande in inglese e anche gli esami relativi a questi due corsi li sostenni in inglese. Il docente di Analisi era francese, quello di Geometria rumeno e il francese di quest'ultimo per me risultava più comprensibile di quello di un docente di madre lingua. Al secondo semestre seguii un corso di teoria dei numeri ed uno di Geometria differenziale dai nomi interessanti: Valeurs aux entiers de la fonction zeta de Riemann d'un corps de nombres il primo e Géométrie des tissus il secondo. Il docente del primo di questi corsi era svizzero ticinese di madre lingua italiana, l'altro francese. Pensai che almeno con il primo avrei potuto parlare in italiano, invece entrambi mi dissero che ormai ero in Francia da sei mesi e che non mi era più consentito comunicare in altre lingue se non in francese. A quel punto me ne feci una ragione e mi misi a studiare seriamente il francese, anche perché la tesi finale avrei dovuto scriverla in questa lingua. Di giorno seguivo le lezioni, poi studiavo in biblioteca e di notte studiavo a casa francese. Non avevo molti amici e avevo una tremenda nostalgia della mia vita in Italia. Fu davvero molto dura. Cercavo di tornare in Italia appena potevo, ma l'impegno che mi ero assunto era più importante.

Con fatica riuscii a conseguire il DEA, discutendo una tesi di Geometria Algebrica, nel settembre del 2001 cominciai il mio Doctorat e lo conclusi nel 2005. La mia tesi riguardò un argomento al confine tra l'analisi complessa, la geometria analitica e la geometria combinatoria. Gli anni di dottorato furono molto diversi dal primo anno dedicato al DEA. Infatti lo statuto di studente di dottorato mi consentiva dei privilegi che prima non avevo: uno studio condiviso con altri due colleghi, partecipazione attiva a gruppi di lavoro su temi di mio interesse, convegni settimanali e conferenze mensili con matematici di levatura internazionale, il tutto in un clima di grande serenità e collaborazione in un edificio moderno in cui perfino i corridoi, disseminati di macchine per il caffè e lavagne, erano funzionali alla condivisione di idee. Il mio direttore di tesi era disponibilissimo ad aiutarmi in ogni difficoltà, lo incontravo periodicamente e inoltre mi consentiva di lavorare con i colleghi stranieri che venivano a trovarlo da Russia, Svezia, Cipro etc. Il periodo francese fu senz'altro il periodo culturalmente più intenso di tutta la mia formazione, mi consentì di pubblicare i miei primi risultati e di diventare autonomo dal punto di vista della ricerca.

Nel 2005 tornai felicemente in Italia con l'intento di ottenere un posto di ricercatore all'Università. Siccome non avevo esperienza didattica, mi impegnai come docente a contratto in due dei tre atenei calabresi tra il 2005 e il 2012; nel 2008 ebbi anche una borsa di post-dottorato all'Università della Calabria. Pur avendo partecipato a diversi concorsi a ricercatore universitario, non riuscii mai a vincerne uno e, non trovando occupazioni stabili nell'Università italiana, per un breve periodo pensai di tornare in Francia e dall'Italia feci domanda di abilitazione alla funzione di Maître de Conférences (l’analogo francese del ricercatore italiano) ottenendo la necessaria qualifica nel 2010. Tuttavia anche così non funzionò e alla fine mi rassegnai all'idea di fare ricerca per puro piacere e non per lavoro.

Su forte insistenza di una mia amica che lavorava nella scuola, decisi nel 2006 di tentare anche quella via, così partecipai ad una selezione per frequentare la Scuola di Specializzazione per la Formazione degli insegnanti della Scuola Secondaria (SISS) presso l'Università della Calabria.

Due anni più tardi conseguii l'abilitazione e cominciai ad ottenere qualche supplenza come docente di matematica e fisica negli istituti secondari di secondo grado della provincia di Catanzaro.

Fortunatamente il mio precariato nel mondo della scuola durò solo cinque anni, dal 2008 al 2013, anni nei quali insegnai presso scuole pubbliche, scuole private, corsi per adulti e anche presso la casa circondariale. Tra una supplenza a scuola e una docenza a contratto all'università andai comunque avanti. Nel 2012 il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca bandì un concorso per l'assunzione di docenti nella scuola sconvolgendo così il sistema delle graduatorie preesistente. Pensai che questa poteva essere l'occasione per cambiare la mia vita lavorativa, così studiai molto per prepararmi adeguatamente alle prove concorsuali e alla fine andò bene: vinsi tre concorsi. Dal 2013 sono docente di ruolo e coltivo ancora la passione per la ricerca in matematica. Dal 2014 insegno matematica e fisica al Liceo Scientifico di Sersale (CZ), in un contesto ideale per studiare e lavorare.

La mia storia mi ha insegnato che talvolta la strada che porta alla propria realizzazione professionale può essere lunga e tortuosa, che i sacrifici non sono mai inutili e che spesso non danno risultati nell’immediato, ma solo dopo tanto tempo. Il mio lavoro di oggi mi piace moltissimo, trovo che insegnare sia un’attività estremamente interessante per le relazioni con alunni, genitori e colleghi e perché consente di assistere alla nascita del talento dei ragazzi. Mi emoziona sempre vedere nei loro occhi la stessa luce che ha cambiato la mia vita e, forse, cambierà la loro. Anche se questo non avviene tutti i giorni, mi impegno quotidianamente affinché, prima o poi, ciò avvenga.

In questi anni di esperienza ho individuato alcuni mezzi per raggiungere lo scopo. Il primo è mostrare l'aspetto umanistico della matematica; racconto ai miei studenti la vita dei matematici più illustri, con particolare riferimento alla storia recente ed ai matematici ancora attivi, ai premi più prestigiosi riservati ai matematici, alle storie più straordinarie che conosco. Poi sottolineo l’importanza delle dimostrazioni. Amo andare al fondo delle cose che studiamo in classe, cercando il motivo per il quale una dimostrazione si fa in un modo anziché in un altro e optando sempre per la via più efficace e breve possibile. Inoltre, presto anche molta attenzione alla cura nell'esposizione, perciò aiuto i ragazzi a riflettere sul modo di scrivere un elaborato di matematica, tenendo in giusto conto l'ordine, la chiarezza del ragionamento e la scelta delle parole da usare.

Uso anche la didattica con metodologia CLIL (Content and Language Integrated Learning), un metodo che prevede l’insegnamento di una disciplina non linguistica, in questo caso la matematica, per mezzo di una lingua straniera, con l’obiettivo di apprendere sia la matematica che l’inglese. Le mie lezioni CLIL e le relative verifiche vengono effettuate interamente in lingua inglese.

Quasi sempre tutto ciò suscita un interesse, e in alcuni casi insinua almeno il dubbio che si possa anche cambiare prospettiva e guardare alla matematica con occhi nuovi, benevoli, ammiccanti e magari curiosi. In alcuni casi ho avuto il piacere di incontrare studenti particolarmente sensibili a questi stimoli, con i quali è stato possibile condividere esperienze culturali molto interessanti, come la lettura delle biografie di alcuni tra i più grandi matematici, dall'antichità ai giorni nostri, fra cui Archimede, Gauss, Poincaré, il gruppo Bourbaki, Grothendieck, etc, o più recentemente lo studio dei politopi regolari negli spazi euclidei di ogni dimensione

Ogni tanto ripenso con tenerezza a quando ero quel bambino appassionato di geografia o lo studente di liceo disorientato che pensava di studiare altro. In quei momenti, con sincera gratitudine, il mio pensiero va al mio professore di matematica del liceo, Prof. Vito Alfieri, che con una sola e semplice domanda, è riuscito a farmi scoprire la passione che sono certo mi accompagnerà per tutta la vita. Dopo tutto è forse questo il compito dell’insegnante!

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