Andrea Maffia

Ho frequentato quello che, allora, si chiamava un Istituto Tecnico per Geometri. All’epoca amavo particolarmente la matematica perché fare i compiti non risultava così faticoso come nelle altre materie. Era rassicurante sapere che, sbattendoci magari la testa un po’ sopra, sarei sicuramente riuscito ad arrivare a un risultato soddisfacente per me e per l’insegnante. Avrei capito solo successivamente che era così perché avevo un buon controllo sui processi risolutivi che mettevo in atto e una discreta abilità nell’individuare i miei errori e correggerli.

Decisi di iscrivermi al Corso di Laurea in Matematica e nel frattempo mi resi disponibile per aiutare gli studenti delle superiori con i compiti per casa. Quando mi affiancavo a quei ragazzi mentre risolvevano gli esercizi, rimanevo stupito da come cercassero di applicare ciecamente meccanismi che richiamavano dalla memoria in modo confuso e impreciso. Sembrava che non ci pensassero su. Erano convinti che tentando una dopo l’altra le formule che avevano pedissequamente memorizzato sarebbero riusciti a spuntarla in qualche modo. Mi colpiva l’immagine della matematica di questi studenti, così diversa da quella che invece avevo dipinto io durante i miei studi di laurea triennale. Decisi che sarei diventato insegnante di matematica nel tentativo di rendere visibile anche ai più piccoli quella bellezza che io riuscivo ad ammirare nella mia amata disciplina; così mi iscrissi al corso di laurea magistrale a indirizzo didattico.

Ripensandoci oggi, direi che gli anni della laurea magistrale sono stati il trampolino di lancio per tutto quello che è venuto successivamente in termini di vita professionale. Per prima cosa, corsi come quelli di Matematiche Complementari e Logica Matematica sono stati l’occasione per maturare consapevolezza su quali fossero i motivi del mio innamoramento della matematica e contemporaneamente quali lati della disciplina rimanessero celati agli studenti che ne avevano una visione distorta. In seconda battuta, studiando Storia della Matematica ebbi l’occasione di riscoprire il lato “umanistico” della matematica, lo sforzo convergente dell’umanità che nei secoli ha lavorato duramente per un prodotto culturale condiviso. Terza questione: i corsi a scelta in Didattica Speciale mi hanno avvicinato al Gruppo di Ricerca Matematica e Difficoltà che ancora oggi è, per me, luogo di importanti approfondimenti. Infine, ma non meno importante, il lavoro di tesi di laurea mi ha permesso sia di conoscere i metodi della ricerca in Didattica della Matematica sia di approfondirne i contenuti. Questi due aspetti (metodi e contenuti della ricerca di tesi) sono proprio i punti di partenza di due strade importanti.

Nella mia tesi di laurea ho indagato la valutazione realizzata dalle cosiddette prove INVALSI, all’epoca erano appena approdate alle scuole superiori. Cominciai a interessarmi all’attività di INVALSI come istituto di ricerca e, una volta laureato, partecipai a un bando che ha permesso l’inizio del lavoro con questo istituto. Da allora collaboro alla creazione dei fascioli delle prove all’interno di un gruppo di insegnanti più esperti e ricercatori in campo didattico. Sembra inutile sottolineare come l’occasione di ideare e analizzare problemi di matematica insieme a esperti del settore sia una possibilità formativa di forte impatto.

Contemporaneamente, ero consapevole che il lavoro che avevo svolto per la tesi era limitato dal punto di vista metodologico e che ancora c’era molto da imparare sulla ricerca in Didattica della Matematica. Decisi quindi di provare a frequentare un dottorato di ricerca su questo tema, ma non all’interno di un dipartimento di matematica; iniziai un dottorato in scienze dell’educazione lavorando su una tesi in didattica della matematica. Vinsi però il concorso per l’ingresso al dottorato senza borsa di studio. Fui quindi costretto a continuare a cercare lavoro mentre portavo avanti i miei studi e iniziavo i primi passi nel mondo della ricerca. Ho collaborato con case editrici per la scrittura di esercizi nei libri di testo, ho fatto la guida in un museo di storia della matematica, sono stato tutor per studenti universitari e, infine, ho iniziato ad insegnare a scuola.

Oggi sono un insegnante di matematica nella scuola secondaria di primo grado (un tempo si diceva scuola media). Sto lavorando nella scuola in un momento in cui la mia formazione come ricercatore in Didattica è apprezzata da molti per via del forte impulso all’innovazione degli ultimi anni. Tuttavia, mi trovo anche a scontrarmi con chi affronta con diffidenza le nuove tecnologie e metodologie didattiche nonché con genitori o colleghi che hanno quella visione della matematica che prima ho chiamato “distorta”, ovvero quella di un amalgama di formule e regolette da imparare meccanicamente a memoria. So bene che nel mondo dell’insegnamento questa visione della matematica serpeggia ancora, per questo sono contento di aver avuto una formazione che mi ha permesso di maturare un’immagine diversa e, contemporaneamente, mi ha dato i mezzi per portare avanti l’attivitià di ricerca-azione tipica del corpo docente che ha desiderio di innovare.

Tags