Flavia Poma

Lo dico subito: la matematica mi ha affascinato da sempre. Crescendo, un’unica certezza ha sempre svettato quando immaginavo il mio futuro: che la matematica ne avrebbe fatto parte. Il mio non era solo rispetto, traevo piacere dal risolvere problemi (i miei preferiti, quelli dei Giochi di Archimede e del Fibonacci).
A questo punto non sorprenderà sapere che mi sono laureata in Matematica, ma, al tempo in cui dovetti decidere a che corso di laurea iscrivermi, non fu affatto semplice convincere i miei cari della bontà della mia scelta. La loro preoccupazione era riguardo alle possibilità di impiego dopo la laurea, ed era giustificata dall’opinione comune nella mia città che per un laureato in Matematica esistessero solo due possibili carriere (entrambe sature di candidati): insegnante nelle scuole medie e superiori o impiegato in una filiale di banca.


Flavia Poma

 

La matematica nelle scuole viene somministrata col contagocce, ma all'università si aprono cascate e oceani: diventa chiaro che non è possibile conoscere "tutta" la matematica. Poco male, perché ci si può concentrare sulle parti più interessanti secondo il proprio gusto: per me queste sono Algebra e Geometria, così di nuovo non stupirà che la mia tesi di laurea specialistica e il dottorato seguente sono stati in Geometria Algebrica.

L'Università di Pisa, la Scuola Normale e la SISSA di Trieste sono stati per me ambienti ideali per crescere e maturare, complice la sana competizione e un pizzico di goliardia; conoscere alcune delle giovani menti più brillanti del paese è stato anche una lezione di umiltà e uno stimolo a dare il meglio.

Gli anni del dottorato hanno un posto speciale nei miei ricordi: poter fare ricerca per il puro piacere di fare ricerca. Non è possibile descrive la soddisfazione perfetta e piena di essere finalmente riusciti a completare una dimostrazione (non importa se di un teorema o di un lemma). Si tratta di un'emozione potente ma che si verifica assai di rado.

In quegli anni accarezzai l'idea di una carriera accademica, ma, all'alba dell'ultimo anno di dottorato, la natura nomadica e priva di certezze della carriera universitaria mi aveva disilluso. Per la prima volta considerai seriamente che tipo di lavori potesse fare un matematico al di fuori della ricerca. Scoprii che c'erano una mezza dozzina di carriere interessanti almeno quanto quella accademica. Per me scelsi quella nella Finanza come quant (quantitative analyst). Al tempo ero in visita a Pisa, il che mi diede l'occasione di frequentare corsi di Finanza Matematica all'Università e alla Scuola Normale. Le nozioni apprese in tali corsi, unite allo studio da autodidatta, si sono rivelate molto utili nei colloqui di lavoro. Mi sembrò anche assai utile poter avere esperienza diretta del lavoro in una compagnia, così chiesi e ottenni una internship in una compagnia finanziaria a Milano in collaborazione con la Scuola Normale. Fui molto felice di riuscire a conciliare la preparazione per la mia nuova carriera e l'internship con l'ultimo anno di dottorato.

A conclusione dell'internship e con il dottorato in tasca, varcai il confine per stabilirmi a Londra. Cercai gli annunci di posizioni aperte direttamente sui siti delle principali banche internazionali. Il mio primo lavoro fu come analista e programmatore a Citi. Dopo aver trovato il primo lavoro "permanente", il mio profilo LinkedIn ha iniziato ad attirare l'attenzione di head-hunters e professionisti del settore. È così che ho trovato il mio secondo lavoro (come analista quantitativo specializzato in rischio) e il mio terzo e attuale lavoro come analista quantitativo a Lloyds.

Il mio lavoro consiste principalmente nel creare modelli matematici per valutare strumenti finanziari (nel mio caso si tratta di derivati su tassi d'interesse) e di implementarli in C++. C'è un buon equilibrio tra le tre fasi caratterizzanti nel ruolo di quant:

  1. ricerca: similmente al caso di un ricercatore o dottorando alle prese con un problema, il primo passo è ricercare la letteratura esistente (libri e articoli di ricerca);
  2. sviluppo del modello teorico: questa è la fase del lavoro "matematico", in cui si scrivono e sviluppano equazioni;
  3. implementazione: questa è la parte pratica in cui si scrive il modelllo come algoritmo in un linguaggio di programmazione e si testa su esempi concreti.

La terza fase è la novità per chi come me ha un background in matematica pura. La matematica da quant è diversa da quella del ricercatore: difficilmente si prova quella soddisfazione pura e perfetta del dimostrare, il piacere viene invece dalla prova immediata, attraverso l'implementazione, che il lavoro teorico fatto è utile e corretto. Invece di sporadici picchi di felicità, si ha un flusso meno intenso ma più costante di soddisfazione.