Le cose sono cambiate radicalmente rispetto a quanto scritto nel 2007.

Quello era il periodo immediatamente precedente la crisi finanziaria del 2008-2009, quella che gli addetti del settore chiamano semplicemente “la Crisi” e che ha causato mutamenti permanenti nel settore della finanza. Credo che nessuno, o quasi, si aspettasse quanto poi è accaduto.

All'epoca mi ero appena trasferita da New York a Londra; lavoravo sempre per Merrill Lynch, in un ruolo simile a quello che avevo ricoperto a New York. Ero cioè sempre un quant di Front Office e davo supporto al trading desk che si occupava di prodotti strutturati complessi, i cosiddetti esotici, derivati da tassi di interesse.

Le conseguenze della Crisi sono state molteplici: il crollo di importanti istituzioni (Bear Sterns; Lehman Brothers; Merrill Lynch stessa, che sarà acquistata da Bank of America); i conseguenti licenziamenti, spesso massicci, a tutti i livelli; un aumento notevole delle normative di controllo sul settore; una riduzione dell'interesse da parte dei clienti per i prodotti strutturati. Tutti questi fattori hanno influenzato il ruolo dei quant come me. Sono stata fortunata perché ho mantenuto la mia posizione a Bank of America dopo l'acquisizione da parte di questa di Merrill Lynch, ma certamente gli stimoli intellettuali nel mio ruolo si sono ridotti: non più sviluppo di modelli e prodotti nuovi, ma piuttosto molto tempo dedicato a redigere documentazione per dimostrare l'affidabilità dei modelli implementati in passato.

Con la Crisi il settore si è reso conto che molti aspetti della gestione del rischio racchiuso nei prodotti derivati e nei prodotti finanziari in genere erano stati analizzati poco accuratamente e che erano molto più complessi di quanto si fosse pensato. Questa consapevolezza ha comportato maggiore richiesta di profili quantitativi in ruoli di gestione del rischio: se da un lato posizioni di Front Office, come quella che avevo a Bank of America Merrill Lynch, erano diventate sempre meno interessanti e piuttosto noiose, nuovi stimoli si stavano creando in un settore che in precedenza era stato meno popolare tra persone con preparazione in matematica o fisica. È così che molti quant di Front Office si sono indirizzati verso ruoli legati alla gestione del rischio, dove nuove complessità richiedevano capacità analitiche e competenze in sviluppo di codice.

È quello che ho fatto anch'io: dopo dieci anni a Merrill Lynch e un breve intervallo a Bloomberg, una grossa azienda di fintech, mi sono spostata a Barclays, la banca britannica di maggiori dimensioni. Il gruppo di cui faccio parte dà supporto quantitativo al gruppo di gestori del rischio per l'intera banca. Molte delle problematiche sono generate da normative imposte dai vari legislatori. Si richiedono un'analisi dettagliata e una compressione precisa dei fattori di rischio spesso nascosti nei vari prodotti.

Le competenze richieste sono simili a quelle dei ruoli quantitativi tradizionali: conoscenza delle discipline della matematica usate per prezzare prodotti finanziari complessi (teoria della probabilità, calcolo stocastico), capacità di implementare codice (C++ e Python sono i linguaggi più popolari), comprensione degli usi pratici dei prodotti finanziari stessi.

Negli anni ho fatto spesso colloqui, sia come candidato sia come selezionatore. E i profili più richiesti per un ruolo come il mio sono quelli di laureati in matematica o in fisica. Un'altra cosa che ho notato negli anni è che in generale gli studenti italiani hanno una preparazione eccellente: si deve dare un enorme credito al sistema scolastico e universitario italiano, accessibile a tutti e di qualità, una qualità che in molti paesi è disponibile solo in università esclusive e costose.

Mi sono laureata con il massimo dei voti e lode a Padova in matematica, con tesi riguardante soluzioni deboli di equazioni differenziali alle derivate parziali. All'inizio del corso di laurea ero sicura che avrei intrapreso la carriera accademica. Ma durante l'attività di ricerca per la tesi, mi resi conto che avevo perso l'entusiasmo, la voglia di compiere quello sforzo intellettuale che l'affrontare problemi complessi comporta.

Mi laureai nel 1998, quando il settore tecnologico era in forte espansione: era piuttosto facile trovare lavoro. Mentre stavo studiando per l'esame di ammissione al dottorato, fui avvicinata da una ditta che sviluppava software. Non essendo affatto convinta di quanto stavo facendo, accettai l'offerta; non avevo nessuna esperienza di programmazione, le mie uniche credenziali erano quelle di un brillante laureato. Questo impegno fu il primo di una serie di attività: durante il primo anno dopo la laurea cambiai tre posti di lavoro, tutti nel campo dell'informatica; lasciai Padova per Roma, sempre alla ricerca di un'attività stimolante. Non la trovai.

Con gli anni mi resi conto che in fondo la matematica era quello che sapevo fare meglio; ma ero spaventata all'idea di rimettermi a studiare, di rinfrescare le nozioni un tempo solide, ma ora obnubilate dall'inattività. Mi trasferii in Svizzera per collaborare ad un progetto di ricerca software; per puro caso, un amico mi citò alcuni programmi di Master offerti da università nord americane e inglesi nel campo della matematica finanziaria. Avevo già preso in considerazione questo settore in passato, come un modo per utilizzare la mia capacità di capire la matematica per scopi pratici, ma non avevo trovato la maniera concreta di avvicinarmici. Cominciai a raccogliere informazioni sul web, a chiedere consiglio a persone che lavoravano nel settore; scoprii che molte di loro avevano avuto un'esperienza simile alla mia e che avevano trovato soddisfazione e gratificazione nella matematica finanziaria.

Presentai domanda in numerose sedi americane e inglesi, fui ammessa ovunque e decisi di seguire il corso offerto dal Courant Instiute alla NY University a New York city, uno dei migliori del settore. Fu un anno e mezzo di lavoro duro: durante il mio corso di studi non mi ero avvicinata per nulla al calcolo delle probabilità e non mi ero occupata affatto del lato applicativo della matematica. In aggiunta a ciò, gli anni di lontananza dallo studio avevano annebbiato le mie conoscenze e mi avevano fatto perdere l'abitudine alla disciplina che la vita di studente richiede. Il programma che ho intrapreso a NYU mira a fornire le competenze che l'industria finanziaria richiede sempre più: conoscenza della matematica, comprensione dei fenomeni finanziari e dei modelli che li possono formalizzare, capacità di scrivere il codice per implementare questi ultimi.

Lavoro ora come "quant" per una banca di investimento Americana, a New York; il mio gruppo dà supporto ai "trader" nel prezzare prodotti finanziari dipendenti da processi stocastici; nel mio caso, tassi di interesse. È una professione interessante; non comporta quello sforzo intellettuale e quell'astrazione che la ricerca impone, ma tuttavia offre problemi non banali e stimolanti. Richiede un costante aggiornamento, per ottenere il quale è necessario leggere pubblicazioni e articoli scientifici. D'altro canto, è un'attività concreta perché le problematiche da risolvere hanno applicazioni pratiche e tangibili. È, in generale, un buon connubio fra teoria e pratica.