Non è facile trovare il tempo di soffermarsi a fare il punto della propria vita e carriera, quando si è sempre di corsa, con gli impegni di lavoro, cercando di mantenere vivi gli affetti e le amicizie, e con mia figlia che mi 'ruba' ogni altro momento libero (ma mi restituisce   manciate di gioia!). A volte si è così impegnati della vita ci si dimentica della parte più importante del mosaico che negli anni costruiamo attorno a noi: noi stessi. 

Quante cose sono accadute negli ultimi dieci anni. Un anno dopo che sono entrato nel mondo della finanza si è scatenata una delle crisi finanziarie più devastanti degli ultimi decenni, con ripercussioni ben più  ampie del mondo della finanza. Dal punto di vista lavorativo nel mio settore, la crisi ha creato una riduzione materiale dei posti di lavoro disponibili e molta più instabilità. Per quanto mi riguarda, la crisi mi ha maggiormente convinto della necessità di rimanere flessibile in un mondo lavorativo sempre più dinamico ed esigente.

Proprio attorno a quel periodo, dopo circa un anno in una posizione di front office in un’azienda di intermediazione finanziaria, ho deciso di inoltrarmi nel ramo del ‘risk management’, che mira ad assicurarsi che la banca abbia i modelli adeguati per il calcolo del capitale di vigilanza, e lasciare l’ambito del front office, dove si creano i modelli per pricing dei derivati: il front office tipicamente offre salari più buoni nelle posizioni senior ma meno stabilità e spesso ore lavorative non compatibili con gli impegni di una vita di famiglia. In quegli anni,  ho lavorato come risk analyst per due grosse banche di investimento internazionali, Deutsche Bank e Citigroup. Queste esperienze sono state particolarmente formative non solo nel capire come certi processi funzionino in istituzioni di tale complessità, ma anche a quali soluzioni tattiche di rimedio le banche debbano ricorrere per arginare mancanze strutturali nei loro sistemi, e le problematiche inerenti nell’essere istituzioni la cui bancarotta potrebbe scatenare un’altra crisi finanziaria. La matematica usata in posizioni di questo tipo e’ soprattutto di analisi e calcolo stocastico; un dottorato in matematica applicata o finanziaria, o in fisica sono molto ricercati in questi ruoli analitici.

Dopo l’esperienza di lavoro nel settore delle banche di investimento, ho deciso di spostarmi nel mondo della consulenza, lavorando per più di due anni per KPMG. Pur continuando a lavorare sui modelli matematici per il calcolo del capitale, questo ruolo mi ha consentito di ampliare i miei orizzonti sul come tali modelli venissero utilizzati in un contesto più ampio del bilancio della banca, sulle diverse componenti del capitale di vigilanza (per coprire il rischio di mercato, di controparte, rischio operazionale, etc.), e sulle procedure richieste per soddisfare le agenzie regolatrici. Oltre ad una visione di più ampio spettro del mondo delle banche di investimento, in questo ruolo ho avuto opportunità di supervisionare progetti di diverso tipo (dalla validazione e implementazione di modelli, supporto per la richiesta dell’utilizzo di modelli interni di capitale, audit interno, etc.) e di viaggiare regolarmente negli Stati Uniti e altre locazioni europee.

Lavorare in consulenza mi ha dato molte gratificazioni e opportunità di imparare in vari ambiti, ma progredire nella mia carriera in questo settore avrebbe significato indirizzarsi sempre più verso la vendita di soluzioni, piuttosto che mantenere il contatto con la dimensione tecnica e matematica dei modelli bancari. Inoltre gli orari di lavoro in consulenza sono molto volatili e, durante progetti di un certo rilievo, possono diventare molto impegnativi. La mia intenzione nel valutare opportunità successive era di mantenere un ruolo tecnico-matematico ma con uno spettro di vedute più ampio. Tali considerazioni, assieme al fascino e prestigio di far parte di un’istituzione storica che gode di ampio rispetto internazionale, mi hanno spinto a lavorare per la banca centrale dell’Inghilterra (Bank of England). Nel mio ruolo attuale, mi occupo di provvedere supporto matematico per la valutazione dell’adeguatezza dei modelli interni delle grandi banche di investimento per il calcolo e del loro capitale di vigilanza, e di influenzare le scelte di policy che determinano la creazione e applicazione delle regole bancarie internazionali.

Nella mia scelta di percorso formativo come nella mia carriera lavorativa, ho sempre cercato di scegliere opportunità che potessero arricchire il mio bagaglio di conoscenza senza chiudere a priori le opportunità che si son presentate, una carriera che fosse compatibile quanto possibile con la mia passione matematica, che mi consentisse di avere un equilibrio fra vita e lavoro, e che mi desse soddisfazione personale. D'altra parte, pensare ad un percorso di studi ed una carriera mirati solo a fare soldi senza avere un minimo di passione per quello che si fa portano quasi sicuramente all'insoddisfazione.

Un consiglio pratico che posso dare a coloro che si addentrano nei meandri del mondo matematico, ed in generale in ogni campo di studi: aprite quante più porte potete, bussate a tutte le porte degli uffici dei vostri professori, siate curiosi... ci sono tante discipline meravigliose all'interno della matematica,  c'è sempre tempo di approfondire in un dottorato se trovate qualche settore che veramente vi affascina. E ricordatevi, non ci sono scelte sbagliate a priori, solo scelte che hanno successo e altre che hanno meno fortuna. L'importante è provare, si può sempre aggiustare il tiro se qualcosa non sta andando come ci si aspettava.

Ho sempre saputo che avrei voluto fare il matematico, forse da quando avevo sei anni, cioè dopo aver sommariamente scartato l'idea di diventare un mago da palcoscenico o un astronauta. Sono sempre stato affascinato dai numeri e dal loro modo di combinarsi e di interagire con la vita di tutti i giorni. Quando da ragazzino mi chiedevano “E tu cosa vuoi fare da grande?” rispondevo sempre “Il matematico!”, e potevo vedere nelle loro facce un senso di sconforto e compassione “Povero, vedrai che cambierai idea!”.

Studiai al Liceo Scientifico e poi decisi di intraprendere gli studi matematici, con l'idea di laurearmi in matematica e poi in fisica, e magari continuare con la ricerca in fisica teorica. Infatti, all'epoca ero abbastanza scettico che la matematica potesse offrire opportunità diverse dall'insegnamento, a cui sicuramente non aspiravo. Inoltre, non immaginavo che ci fosse tanto da scoprire oltre a quanto avevo studiato al liceo. Infatti, il programma di matematica del liceo si limita a toccare di sfuggita la matematica scoperta fino al diciassettesimo secolo, trascurando più di tre secoli di evoluzione di questa incredibile disciplina!

Una volta iniziati gli studi universitari, mi si presentò un mondo nuovo e affascinante, dove la matematica si delineava come una scienza dinamica ed in continua evoluzione, e potevo finalmente toccare con mano i limiti della conoscenza attuale e assaporare la possibilità di poter contribuire personalmente con della ricerca originale.

Durante quegli anni ero molto più attratto dalla matematica pura, e mi piaceva sottolineare che gli unici numeri rilevanti nei miei libri fossero quelli delle pagine. Non è stato facile giustificare o difendere questa predilezione per la matematica più astratta agli occhi della gente. Le domande più comuni erano: “Ma poi, a cosa ti serve tutta questa teoria? Come si usa in pratica?”. Ma io non ero interessato all' utilizzo dei ciò che imparavo, mi piaceva e ciò mi bastava! All'epoca pensavo avrei fatto il ricercatore in geometria differenziale.

Quando verso la fine degli studi universitari divenne chiaro che la laurea non sarebbe stata sufficiente per assicurarmi un posto da ricercatore; decisi, sotto consiglio del mio relatore di tesi, di fare un dottorato, con la consapevolezza che questa sarebbe stata un po' una scelta senza ritorno. Infatti, soprattutto in Italia, il dottorato non è tenuto in considerazione al di fuori dell'ambiente accademico, per cui il titolo di dottore di ricerca in qualche modo riduce le possibilità di carriera rispetto alla semplice laurea. Ma questo non era un problema per me, sapevo che era quello di cui avevo bisogno per diventare ricercatore.

Quando mi si presentò l'occasione di studiare all'estero, non fu difficile convincermi che questa sarebbe stata un'enorme opportunità non solo per approfondire la mia conoscenza matematica, ma anche per imparare una nuova lingua, usi e costumi di un'altra nazione e soprattutto allargare lo spettro delle mie possibilità future.

Con una conoscenza quasi nulla di inglese ed una buona miscela di determinazione e testardaggine, mi avventurai in un dottorato a Leeds, in Inghilterra, in geometria differenziale. Devo ammettere che all'inizio fu molto dura, visto che dovetti imparare molto velocemente ad essere indipendente e non dover contare sull'appoggio diretto della famiglia, o degli amici, e nel frattempo studiare matematica in una maniera nuova, indipendente e mirata a scrivere una tesi originale e potenzialmente pubblicabile.

Quando finii il dottorato pensai che il mio nuovo bagaglio culturale e la conoscenza dell'inglese mi avrebbero fornito le chiavi magiche per entrare nel mondo accademico italiano. Tornai per un breve periodo in Italia per capire quali possibilità avrei avuto per realizzare questo sogno. Tuttavia, non ci volle molto a veder dissolvere questa illusione e capire che l'accesso alla carriera universitaria sarebbe stato molto difficoltoso ed erratico, e che sarebbe dovuto passare molto tempo prima di poter avere un posto di lavoro e raggiungere la fatidica indipendenza economica.

Non volevo certo aspettare di vedere i miei pochi risparmi accumulati durante tutto il dottorato prosciugarsi lentamente nell'attesa di trovare una posizione stabile nell'olimpo della scienza.

Cominciai insomma ad essere disilluso dal mondo universitario e dal livello di stoicismo ed abnegazione necessari per un salario appena accettabile; e forse, pensavo, fare il matematico non era quello che avevo immaginato originariamente.

Così tornai in Inghilterra, con l'idea che sarebbe stato più saggio valorizzare i miei titoli di studio (sia laurea che dottorato), in contesti non necessariamente accademici.

Cominciai a ricercare su internet a quali tipi di lavoro nell'industria potevo aspirare con un PhD in matematica, e inevitabilmente mi imbattevo in opportunità in ambito finanziario, soprattutto per banche di investimento o 'hedge funds'. Per una persona abituata a studiare la matematica più astratta, la matematica finanziaria ed il calcolo stocastico sembravano inizialmente un passo nella direzione sbagliata. Tuttavia evidentemente questa era un’area dove c'erano più opportunità, quindi cominciai a studiare , da autodidatta, questa branca della matematica. Nel frattempo lavoravo in un ruolo di ripiego in IT a Manchester.

Man mano che progredivo nello studio mi resi conto che il mio pregiudizio verso la matematica applicata era infondato, e cominciai ad apprezzare questa disciplina nei suoi molteplici aspetti e nelle opportunità che aveva da offrire, anche dal punto di vista intellettuale.

Dopo un paio di colloqui fui assunto a Londra come vice editore tecnico per una rivista finanziaria legata all'industria. Il mio ruolo consisteva nell'amministrare il processo di recensione di articoli matematico-finanziari della rivista e nell'assicurarne la più alta qualità dal punto di vista matematico ed editoriale. Questo ruolo mi ha dato anche modo di stabilire molti legami con il mondo dell’industria, partecipare a numerose conferenze e venire a conoscenza delle possibilità che questo poteva offrire, e di quali tipi e quante sfide intellettuali ci fossero. Così divenne finalmente chiaro che il mio sogno iniziale di diventare un matematico era ancora possibile, ma in un modo che tempo addietro non potevo sospettare. Potevo essere un matematico in una banca.

Dopo un paio di anni di esperienza come editore, sono finalmente divenuto un 'quant', ovvero un analista quantitativo. Al momento lavoro per un'azienda di intermediazione finanziaria e mi occupo dell'analisi quantitativa dei modelli matematici dei loro prodotti derivati (soprattutto tassi di interesse e tassi di cambio), ne valuto il prezzo, e implemento tali modelli creando dei programmi software (di solito in C++, C# o VBA) che ne automatizzi la valutazione.

Questo lavoro offre le sfide intellettuali e la possibilità di imparare comparabili a quelle di un ambiente universitario, assieme ai mezzi per effettuare tale ricerca nella maniera più efficace, senza doversi preoccupare troppo della burocrazia di cui gli accademici sono spesso vittime.

Inoltre offre una sicurezza economica ed una maggiore flessibilità nell’uso di tutti le competenze maturate in altri settori dell'industria.

Al momento questo lavoro mi piace molto e credo che in futuro mi potrebbe offrire molteplici opportunità se mai mi stancassi del mondo bancario e della sua vita un po' frenetica. Durante il mio percorso ho sicuramente imparato che occorre essere molto flessibili nell'adattarsi a ciò che il mercato offre, piuttosto che ostinarsi su un sogno forse di difficile realizzazione.Talvolta la flessibilità apre insospettabili possibilità alternative migliori delle precedenti.